La
meta del nostro trekking è la zona dell’Air a nord della città di
Agadez. L’Air si estende in direzione nord-sud a pochi chilometri dalle sabbie del deserto del Ténéré. Ovunque una serie infinita di uadi (letti di fiumi in secca) che nella stagione umida alimentano piccole ghelta (minuscoli laghetti stagionali) e animano alcune cascate come quella nell'oasi di Timia. Per un'esplorazione di diversi giorni saliremo sul massiccio montuoso del Bagzane, situato nella parte meridionale dell’Air. L’approccio a piedi, l’unico possibile, permette di scoprire un mondo isolato dove vivono in totale armonia con la natura i tuareg Kel Bagzane, che in questi luoghi hanno edificato diversi villaggi. Grazie all’abbondanza di acqua, i villaggi sono delle vere e proprie oasi di verde con numerosi orti e giardini dove si odono gli stridii delle carrucole dei pozzi, che ruotano incessantemente sotto i colpi sferzanti di funi robuste. Ovunque picchi granitici e vulcani che si elevano tra i 1.500 e i 2.022 metri di altezza. |
Da Agadez con i
fuoristrada raggiungiamo la piccola valle di Nabaro, base di partenza
per il trekking. Un trekking non molto impegnativo da un punto di vista
tecnico, ma particolare da un punto di vista ambientale, dove gli sbalzi
di temperatura, il clima secco ed il sole cocente, possono creare seri
problemi se non si è ben attrezzati. Per questo lasciamo i bagagli, i
viveri e l’attrezzatura da campo alla carovana composta da 5 dromedari
e 2 tuareg che li trasporteranno per tutto l’itinerario. Per evitare
il caldo eccessivo partiamo di buon mattino. Il sentiero è ben
tracciato e prosegue con regolarità tra grandi pianori rocciosi che
superiamo agevolmente. I nostri due accompagnatori, la guida Dijllou
Aglou e Rhissa Mohammed (entrambi tuareg), ci precedono con un passo
spedito nonostante abbiano ai piedi delle normali scarpe da tennis, non
proprio adatte a questo tipo di terreno. Dijllou con il dito indica il
sentiero che segue una profonda spaccatura e taglia in due il lato della
montagna: è la faglia di Zabou. La salita, all’inizio leggera, a
quota 1.100 cambia improvvisamente pendenza diventando ripida e dritta
fino al colle di Fantouri, a 1.590 metri di altezza. La vegetazione è praticamente assente ad esclusione di qualche rado cespuglio. In compenso il panorama è splendido. Sotto di noi le minuscole chiazze verdi della valle di Nabaro contrastano con i neri contrafforti delle montagne mentre a sud, in lontananza, le sabbie cremisi del Ténéré. In 2 ore e 40 minuti abbiamo superato 650 metri di dislivello! Sul pianoro delle provvidenziali acacie regalano ombra e riparo dai caldi raggi solari. Raggiunto l’altopiano di Merig, proseguiamo fino ad arrivare all’omonimo villaggio e alla guelta di Ouari. Il villaggio sorge ai piedi del vulcano Idoukal – en – Taghés che con i suoi 2.022 metri è il punto più alto di tutto il Niger. Arrivare in cima non richiede alcuna difficoltà, e in meno di 2 ore siamo alla panoramica vetta. Il villaggio è costituito da un nucleo centrale con abitazioni di mattoni in terra cruda e con le zeribe, le tipiche tende ricoperte con stuoie intrecciate. Ai margini dell’abitato e in corrispondenza delle fonti d’acqua, ci sono gli orti coltivati dai tuareg diventati in questi anni abili agricoltori. Il vulcano e 1h e 30 minuti di marcia, dividono Merig dal villaggio di Bagzan n’amas. Qui ci sono un dispensario piuttosto attrezzato ed una scuola con 2 classi. Il giovane maestro nonché direttore ci parla dei grossi problemi per reperire libri di testo e materiale didattico ai giovani studenti, che scrivono ancora con i gessetti sulle lavagne. Nei giorni a seguire visitiamo diversi villaggi (Assessa e Tekokei) fra cui spicca quello di Ameloulé. I suoi abitanti sono fortunati perché c’è una sorgente che permette di coltivare gli orti e di attingere con una certa facilità l’acqua sorgiva. Le donne indossano gli abiti in tessuto scuro con i motivi tradizionali ricamati, ed intrecciano le foglie di palma per realizzare stuoie di diverse dimensioni. Saranno usate come tappeti o come coperture per le zeribe. Al quarto giorno iniziamo la discesa attraverso la faglia di Ighalabelabene. In questa profonda spaccatura della roccia, fuoriesce una sorgente d’acqua limpidissima che alimenta il villaggio di Aucadede e tutta la valle sottostante. Con una singolare cascata, l’acqua scorre giù da quota 1.100 e bagna molti orti creando anche un bell’effetto cromatico: il verde dei campi e delle palme contrasta con le rocce d’arenaria e l’azzurro del cielo. I tuareg dicono: "Aman Iman", l’acqua è la vita. E non possiamo certo dargli torto. |
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testo e foto di Monica Pellegrino e Donato Cianchini Estratto dall'articolo " Trekking sul Bagzane, isola dei tuareg " pubblicato sulla rivista SAHARA ITINERARI E PASSIONI N. 5 - 2005 |