A perdita d'occhio un immenso pianoro di colore nero cenere è intervallato da calanchi coperti da piccoli cespugli che animano la regione del lago Turkana, all'estremo nord del Kenya. Siamo in una delle zone più aride ed inospitali della Rift Valley, dove la pioggia è solo un effimero ricordo e le temperature, mediamente elevate, si attestano sui 45°. Il luogo è di una desolazione sconvolgente, ma al tempo stesso emana per la presenza del lago, un'atmosfera irreale, quasi magica. Nelle prime ore del mattino le acque si colorano di giada impreziosendo le spoglie e scarne rive, mentre da sud dalle pendici del monte Kulal, soffia un vento forte che ne increspa la superficie. Lungo oltre 250 km e largo 31, il Turkana merita l'appellativo di mare di giada.
All'apparenza quelli che stiamo calpestando sembrano solo banali sassi e ciottoli di origine vulcanica. In realtà alcune di queste pietre celano i resti fossili dei nostri progenitori che proprio da queste parti, attorno al Pliocene e al Pleistocene, hanno iniziato quel lento cammino evolutivo fino ai giorni nostri.
Anche le recenti scoperte scientifiche in Etiopia a nord di Afar, nella selvaggia depressione della Dancalia, confermano (per il momento) che sarebbe proprio l'Africa orientale a fregiarsi del riconoscimento di "culla dell'umanità".

 

A partire dalla fine degli anni '60, una serie sorprendente di ritrovamenti nella zona attorno al lago, fece conoscere al mondo intero il sito preistorico di Koobi Fora e naturalmente gli artefici di queste scoperte: i membri della famiglia Leakey. Fu proprio il primogenito dell'antropologo Louis Leakey (scopritore nel '59 del primo teschio umano fossile nella gola di Olduvai in Tanzania) Richard, a notare dall'alto di un aereo vasti depositi sedimentari dovuti ai cambiamenti subiti dal livello del lago nel corso di milioni di anni. Erano il terreno ideale per la ricerca di fossili.
Grazie allo studio di vari strati di cenere vulcanica noti come "tufo", è stato possibile ricostruire la geologia del lago fino a 4.5 milioni di anni. In quel periodo il bacino era occupato da un enorme lago di acqua dolce con una superficie di circa 28.000 kmq, mentre oggi è di 7.500 kmq. Fra i 3 e i 2 milioni di anni, il lago venne sostituito da un sistema fluviale che probabilmente scorreva verso est fino all'oceano Indiano.


Il fiume Omo, l'unico immissario del Turkana, con i suoi sedimenti provenienti dall'Etiopia riempì a più riprese il bacino fino ad occuparne l'intero lato occidentale. Attualmente l'elevata evaporazione e la siccità di questi ultimi decenni ne stanno modificando i tratti, tanto che in poco più di un secolo il livello delle acque è sceso di ben 15 metri!
Quasi tutti i 6.000 fossili raccolti a Koobi Fora sono stati trovati dall'équipe di paleontologi del Museo nazionale di Nairobi, coordinati da Richard, dalla moglie Meave e, dopo la metà degli anni '90 anche dalla figlia Louise, la terza generazione dei Leakey. Nel Museo di Nairobi c'è un'interessante sezione dedicata alla paleontologia, con le ricostruzioni dei diversi tipi di ominidi, le caratteristiche individuali e il loro habitat primitivo. C'è la possibilità di osservare in una ordinata sequenza temporale i crani e le ossa fossili di Australophitecus robustus (2.700.000 anni), di Homo habilis (1.800.000 anni) e di Homo erecuts (1.600.000 anni), fino all'ultimo esemplare di cranio di Kenyanthropus playtops (uomo del Kenya dal volto piatto), datato tra i 3.2 e i 3.5 milioni di anni fa, scoperto da Meave Leakey nel 1999 nella zona di Koobi Fora.
Grazie ad un amico di Nairobi, abbiamo la fortuna di incontrare il signor Mulu Muia, vice direttore del Dipartimento di Archeologia del Museo nazionale. Con un malcelato orgoglio ci tiene a sottolineare la figura di Kamoya Kimeu, ricercatore e collaboratore di Richard Leakey che nel 1984 riportò alla luce lo scheletro quasi completo di un nostro antenato: l'Homo erecuts, meglio conosciuto come "ragazzo del turkana", un adolescente vissuto circa 1.600.000 anni fa. Una scoperta resa ancora più straordinaria perché i ricercatori riuscirono a recuperare quasi tutto lo scheletro e a studiarne in modo attento e meticoloso le varie parti fossili.