L’Africa
ha conosciuto numerosi e grandi reami. In Congo i più famosi furono il
reame dei Kongo, dei Teke, dei Baluba ed infine il reame dei Kuba. Quest’ultimo fu costituito a partire dal 16° secolo. Una grande tribù chiamata Bushoong estese il proprio potere su altre 17, più o meno importanti, formando così un unico gruppo chiamato Bakuba. Tutto ciò accadde dopo un lungo periodo di migrazioni e di spostamenti, il cui segreto sarà svelato solo con gli scavi archeologici. Tuttavia l’uso della tradizione orale, pilastro della cultura africana, ha conservato numerose testimonianze. Una di queste racconta che in quel tempo le tribù erano alla ricerca di un sovrano. Si radunarono presso un lago e fu proposta una prova ai diversi capi tribù: colui che fabbricherà un’incudine capace di galleggiare nelle acque del lago, sarà nominato re. Il capo della tribù Byeeng costruì in segreto un’incudine di legno mascherata con abilità da una finissima lamina di ferro. Ma la sorella, moglie del capo Bushoong, durante la notte cambiò l’incudine con quella di suo marito e quest’ultimo vinse la scommessa e venne incoronato re. |
Le tribù s’installarono
all’incirca al centro dell’attuale Repubblica democratica del Congo,
in una zona attraversata dai fiumi Kasai e Sankuru. Isolati in mezzo ad
altri popoli miti e semplici, li sottomisero in breve tempo. I Kuba
hanno sempre saputo della loro superiorità culturale ed il reame era
considerato il centro dell’universo. Il re porta il nome di "Nyimi", ed è una sorta di personaggio divino. Vive in un immenso palazzo nel centro della capitale Mushenge, ed è vestito di parure straordinarie alcune delle quali pesano più di 80 kg grazie al carico di perle, conchiglie preziose di ogni genere, ed ornamenti vari. E’ circondato da numerosi notabili che formano una gerarchia complessa. Il rango dei notabili si identifica con diversi privilegi come la possibilità di indossare abiti particolari, a volte preziosi. Esistono delle statue reali. Le più antiche in legno risalgono al 18° secolo. Dal diario di viaggio del primo esploratore straniero che penetrò nella capitale Mushenge nel 1.892, un americano chiamato Sheppard, si parla della perfezione di queste regali sculture. Ma è soprattutto il genio artistico derivato da un’abile manualità scultorea degli artigiani che è valso ai Kuba un interesse particolare giungo fino ai giorni nostri. |
L’arte Kuba, tra le più
prolifiche dell’Africa nera, è universalmente conosciuta ed
apprezzata ed è presente nei musei di mezzo mondo e nelle collezioni d’arte
negro-africana. Si sviluppa soprattutto attorno alla figura "divina" del re, destinata a glorificare colui che si definisce orgogliosamente "re dei Bushoong e dio in terra". I Bakuba fabbricano le maschere. Le più numerose servono all’iniziazione dei giovani. In questo periodo vengono istruiti sul sapere e sulla conoscenza, ma soprattutto vengono preparati ad affrontare e a superare le diverse prove della vita. Le maschere più belle e ricche appartengono al re. Nella capitale spesso si organizzano danze in maschera alle quali assiste il sovrano. I Bakuba hanno l’arte di abbellire ogni oggetto che fabbricano, dal semplice utensile da cucina, finanche al palazzo reale; tutto è permeato di bellezza. Gli oggetti, abbondantemente decorati, sono numerosi: mobili, tamburi, scatole, pipe, oggetti di divinazione, tessuti, velluti, coltelli, armi, ecc. Questo mondo meraviglioso sta scomparendo. I mercanti d’arte hanno in pratica trasferito all’estero gli oggetti più antichi. La capitale stessa Mushenge, è solo un pallido ricordo dell’antico splendore. Sono salvi i costumi e le cerimonie dell’entourage del re e dei grandi notabili. Ed è grazie a loro se oggi possiamo ancora parlare di una cultura che attraverso i secoli ha avuto il merito di essere classificata tra le più prestigiose dell’Africa nera. E’ possibile vedere i capolavori dei Bakuba in diversi musei in Africa, Europa e Stati Uniti come il museo nazionale di Kinshasa nella Rep. Democratica del Congo, il museo di Tervuren in Belgio, il museo Staatliches di Monaco, il museo di Brooklyn a New York. testo e foto di Angelo Turconi |