Partiamo
nel tardo pomeriggio da Abdellany, una sorta di campo base posto ai
piedi del vulcano e, attraverso cammini di lava indurita dal tempo,
seguiamo le esili tracce di un sentiero che sale gradatamente, senza
strappi, se non ad un centinaio di metri dalla sommità, quando la
pendenza ricorda i sentieri delle nostre montagne. La luna piena
contribuisce a rendere ancor più suggestivo l'ambiente. In alcuni
tratti la lava rischiarata dalla vivida luce notturna, riflette le sue
nervature, le sue protuberanze nodose; paradossalmente sembra di
camminare sulla cute di un animale del giurassico!
Un bagliore rossastro con colonne di fumo si manifestano dalla sommità
del vulcano; tanto basta a farci arrestare ad esitare nel nostro
procedere e guardare lassù, tra stupore e meraviglia,.
Finalmente dopo 3 ore e 15 minuti siamo sul bordo della caldera. Davanti
ai nostri occhi il cratere centrale che racchiude a 100 metri di
profondità, il lago di lava permanente. E' proprio il lago di magma ad
attirare l'attenzione nostra e quella dei vulcanologi di tutto il mondo.
L'alta temperatura di 1.200° Celsius, consente il mantenimento del suo
stato liquido, sulla cui superficie si riversa dalle viscere della
Terra, il magma. Questo fenomeno è visibile, a fasi alterne, in altri 3
vulcani del pianeta: il Kilauea nelle isole Hawaii, l'Erebus in
Antartide e il Nyragongo nella Rep. Democratica del Congo. Quindi l'Erta
Ale è un luogo di per sé, unico!
Dopo aver preso possesso dei ripari di roccia in cui trascorreremo 2
notti, vinciamo l'iniziale timore, e al buio, scendiamo nel fondo della
caldera. Andiamo a rendere omaggio all'Erta Ale.
All'alba, poco prima che sorga il sole, ridiscendiamo ad ammirare questo
straordinario lago di lava in continua ebollizione. Abbiamo la netta
sensazione che la Terra è viva, vibra, mugghia, ogni tanto ha dei
sussulti ed esplode in fontane mirabolanti di fuoco. Con la luce del
giorno riusciamo a renderci conto di come è fatto un vulcano e, grazie
all'ausilio di una guida afar, lo esploriamo per buona parte della
mattina. Oltre al cratere centrale, ce n'è un altro più grande a nord,
con un'attività ridotta a fumarole ed emissioni di gas. Dalla sua
sommità si ha una visione spettacolare a 360°, a sud lo specchio
d'acqua del lago Afrera, a ovest l'imponente mole dell'Aimatoli, davanti
a noi in lontananza i biancori abbacinanti della piana del sale e, a
est, ad una manciata di km l'Eritrea.
Procediamo con attenzione fra viottoli fumanti e fragili pavimenti di
lava, alcuni sono talmente esili che potrebbero sprofondare con la
semplice pressione del piede. Per questo seguiamo scrupolosamente tutti
i passaggi della guida; lo osserviamo mentre "sonda" il
sentiero con un bastone, o mentre scava buche per farci ammirare i tanti
colori delle pozze fumanti. Un gigantesco hornitos troneggia dal bordo
della caldera, ed è il punto di demarcazione dei due crateri.
Come
le api dal miele, siamo attirati dallo spettacolo di questa natura
primordiale e torniamo ad osservare il lago di lava dal bordo del
cratere, che di notte dà il meglio di sé. Stavolta oltre alle fontane
incandescenti, una spaccatura lo taglia quasi in due colorando di rosso
le pareti verticali e rilasciando nel cielo sottili filamenti di vetro
marrone; i vulcanologi li chiamano "capelli di Pele".
Nonostante le mascherine intense zamfate di zolfo giungono fino alle
narici. L'Erta Ale sembra salutarci alla sua maniera. Non possiamo far
altro che indietreggiare per proteggere occhi e naso, d'altronde ci
sentiamo estremamente vulnerabili al cospetto di una natura così
potente, magica, unica. |