I Dinka sono uno dei gruppi etnici più importanti e conosciuti dell’Africa.
Pastori per tradizione, nutrono un amore smisurato per le loro mucche dalle grandi corna. Fin da bambini sono chiamati come il bue preferito del padre o con il nome di un bovino che abbia una relazione logica con il neonato. Il bestiame fornisce loro la sopravvivenza sotto forma di latte, sangue e in via eccezionale con la carne, ma solo in caso di cerimonie o nei periodi di forti carestie. Nella quotidianità tutto è in relazione con l’animale. I Dinka dormono in mezzo alla mandria, si lavano con l’urina, soffiano nella vagina delle mucche per favorire la fertilità e si puliscono i denti con la cenere dello sterco. Perfino nelle danze, con i movimenti delle braccia, mimano le lunghe corna che mediante una particolare tecnica utilizzata anche dai Nuer, riescono a piegare modificandone le dimensioni!


I Dinka sono altissimi. Neri come l’ebano, vagano in un territorio esteso tra il Nilo Bianco e i suoi 2 affluenti, il Bahr el Ghazal a occidente e il Sobat a oriente, fra i distretti di Wau e Bor. Gran parte di quest’area s’identifica nel Sudd, un’immensa piana alluvionale di 400 mila kmq. Non una collina né un’altura a delimitare la monotonia del territorio. E’ il bacino d’esondazione del Nilo Bianco. All’inizio della stagione delle piogge fra maggio e giugno, la terra sembra sparire e i Dinka sono costretti a spostarsi su piattaforme elevate (wut) prodotte artificialmente dai detriti e dallo sterco accumulati nel tempo. Le acque bloccano la pastorizia, impedendo qualsiasi movimento agli animali e agli uomini. Per sopravvivere in questo periodo, coltivano la durra, una specie di graminacea simile al miglio, in piccoli appezzamenti di terreno. Quando smette di piovere, gli uomini e i ragazzi si spostano nelle zone ricche di pascolo, stabilendosi nelle savane arboree (tuoch) per sfruttare al meglio il territorio. Prima dell’avvento sciagurato degli arabi non usavano vestiti, cospargendosi il corpo con la cenere dello sterco dei bovini.

pastore dinka di Bor


Serve per tenere lontano gli insetti specie le zanzare malariche e, dicono loro, è un segno di bellezza e distinzione come l’uso di togliersi gli incisivi inferiori per far risaltare quelli superiori. La tradizione vieta agli uomini e alle donne di sposarsi con tutti i denti!
Nelle cerimonie d’iniziazione che segnano il passaggio a guerriero (parapuol), usano scarificare la fronte con quattro righe diagonali partendo dal centro della stessa. Bracciali in osso e avorio con perline multicolori completano il maquillage. E’ triste vederli imbracciare i kalashnikov, ma è una condizione necessaria per la sopravvivenza.
I Dinka, come gli altri popoli del Sudan meridionale sono le vittime della guerra civile che da più di 20 anni ha flagellato il paese. Per colpa del regime di Khartoum, hanno subito atrocità come la schiavitù, le deportazioni di massa, le uccisioni sommarie, la perdita delle terre ancestrali. Tutto è iniziato con la scoperta del petrolio e la pretesa unilaterale di Khartoum di ricavarne profitto. Per evitare l’annientamento, i Dinka sono stati costretti a prendere le armi e a combattere una guerra infinita fino al 9 gennaio 2005, quando a Nairobi è stato firmato un protocollo di pace.